MANIFESTO

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come tutto in natura, anche il manifesto di questo blog è in continua mutazione. nessuno scopo preciso. la verità non credo esista, tanto più nell’epoca post-moderna, dove il bombardamento mediatico è cresciuto grazie ad internet e alle nuove tecnologie. nell'abbondanza ci si confonde facilmente. tuttavia, alcuni punti di vista rimangono dominanti, in quanto maggiormente pubblicizzati dagli organi di informazione ufficiali. questo spazio, tra l’altro, vorrebbe essere veicolo per quelle voci che non si sentono e che per la maggior parte delle persone flirtano con l’assurdo. mi è sempre piaciuto l’assurdo per la sua vicinanza con la natura intima degli esseri e dei fenomeni. per la maggior parte pubblicherò delle playlist salvate sul mio canale di youtube, non per imporre la mia visione incoerente della realtà, ma per dare asilo, oltre che alle versioni ufficiali, a tutto il sommerso di voci più o meno nascoste che dicono il diverso. se poi si tratta di complotti o paranoie, questo lo deciderà il lettore. non cerco fan né promuovo un ideale specifico. non ho la costanza per stare dietro a nessun impegno superiore al respirare. sento semplicemente lo scemare della libertà di espressione, la delicata linfa della diversità andare sperperandosi senza che la maggior parte lo consideri un delitto. vedo le generazioni assopirsi e sento che anche per me, apatico cronico, è venuto il momento di alleggerire la coscienza.

lunedì 1 ottobre 2012

Senza titolo


 La chanteuse sfogliava un giornaletto da serve, seduta sul divano nella cabina del capitano. Il suo compito era rifornirlo di argomenti per permettere alla banda di esibirsi. Dentro di se odiava la prosodia necessaria per potersi guadagnare un boccone, ma di scelte non ne aveva. Invidiava i minatori del carbone, quello sì. Almeno loro avevano la silicosi che se li portava. Loro invece, spenti musicisti, non se li pigliava su nessuno. Dovevano mendicare sulla navetta da turismo che faceva spola tra la Rimonta e Capo Passero. E mica una spiedata e vino buono. Gli avanzi ricevevano e sempre dopo la sgobbata. Cenavano mai prima delle due.
  Si sentiva stanca di gineprai e sotterfugi, per farla breve, di tirarla a campare un giorno in fila all'altro. Desiderava un camino che la scaldasse nelle notti d'inverno e di giorno preparare marmellate per qualcuno, se non proprio con amore, almeno senza indifferenza. Ma chi se la prende una cantante educata ai marciapiedi e per giunta così avanti con l'età. Nemmeno una pietà di silicosi.
  Con il tempo si era assuefatta ai ragionamenti lineari. Scorrevano su binari morti e si ingorgavano alla fine nel letto sfatto dei rimpianti. Le sue occasioni per farsi ingravidare bene le aveva avute e perse tutte: industriali, giornalisti, persino un rettore universitario fissato con lo swing. Erano i tempi di Londra, del Dervis Club e del Macao, dei camerini pieni di fiori e dei bis invocati dal pubblico in fermento.
  Ed ora, se si voltava a guardare nella sciabica che cosa aveva raccolto, vi trovava un grosso niente. A parte i tre ubriaconi con i quali era finita: un contrabbasso che andava a tentoni, la batteria che non vedeva l'ora di raggiungere il traguardo. Del chitarrista, meglio non parlare. Gli riusciva bene solo di svitare il tappo alle bottiglie, ma siccome non ne aveva quasi mai, suonava una musica sciatta e insoddisfatta di per se. E infine lei, una cavia da chirurgo, dalla pelle del viso tesa e ricucita, come il guanto di un lanciatore del baseball.
Entrò il capitano con la divisa bianca che pareva un cameriere, non fosse stato per le mostrine argentate. E così volevano suonare di nuovo, quella sera. Si poteva fare e per l'occasione s'accontentava di un pompino. La chanteuse presentì, ma cominciò comunque il suo lamento finché lui le venne in bocca senza troppe cerimonie. Si pulì col guanto di lamé i rimasugli sulle labbra e rese grazie. Lui fece come se non ci fosse stata mai e sedette alla scrivania a consultare il bollettino meteo di domani. - Suonerete - rimarcò senza staccare gli occhi dalla zona dell'istmo, dove li avrebbe colti la perturbazione - ma a mezzanotte fuori dalle balle. Dopo di voi suona un gruppo vero. E vi pago trenta a cranio, oppure niente –.
 Lei non ebbe la minima reazione, se non di voltargli le spalle ed uscire dalla stanza.
  Trovò i suoi compagni attorno al bar, che già si stavano bruciando la serata a credito e li informò sulle recentissime. Il chitarrista arricciò il naso, immediatamente calcolando come razionarsi l'alcol fino al giorno successivo. Lei si appuntò una sigaretta tra le labbra color sangue e chiese fiammiferi al barista.

1 commento:

  1. Rompimi l'osso sacro...
    schiacciami le vertebre colpendomi con il tuo cazzo come fosse un motopicco...
    :):):):):):):):)
    dio ridi

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