MANIFESTO

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come tutto in natura, anche il manifesto di questo blog è in continua mutazione. nessuno scopo preciso. la verità non credo esista, tanto più nell’epoca post-moderna, dove il bombardamento mediatico è cresciuto grazie ad internet e alle nuove tecnologie. nell'abbondanza ci si confonde facilmente. tuttavia, alcuni punti di vista rimangono dominanti, in quanto maggiormente pubblicizzati dagli organi di informazione ufficiali. questo spazio, tra l’altro, vorrebbe essere veicolo per quelle voci che non si sentono e che per la maggior parte delle persone flirtano con l’assurdo. mi è sempre piaciuto l’assurdo per la sua vicinanza con la natura intima degli esseri e dei fenomeni. per la maggior parte pubblicherò delle playlist salvate sul mio canale di youtube, non per imporre la mia visione incoerente della realtà, ma per dare asilo, oltre che alle versioni ufficiali, a tutto il sommerso di voci più o meno nascoste che dicono il diverso. se poi si tratta di complotti o paranoie, questo lo deciderà il lettore. non cerco fan né promuovo un ideale specifico. non ho la costanza per stare dietro a nessun impegno superiore al respirare. sento semplicemente lo scemare della libertà di espressione, la delicata linfa della diversità andare sperperandosi senza che la maggior parte lo consideri un delitto. vedo le generazioni assopirsi e sento che anche per me, apatico cronico, è venuto il momento di alleggerire la coscienza.

giovedì 26 aprile 2012

David Trezeguet, l'essenza del gol

a volte lo sport può emozionare ed insegnare molto più di argomenti comunemente considerati seri come la politica o la filosofia. lo sport sa trasformarsi in metafora e i suoi interpreti diventare simboli di qualcosa di più grande di un pomeriggio passato a correre dietro un pallone. quando poi è il linguaggio poetico a reggere le trame del racconto, in questo caso della vita e della carriera di un calciatore, allora l’effetto può essere definitivamente toccante. grazie a questo documentario ho provato sensazioni intensissime. è chiaro, tifo per l’unica squadra capace di rendere un affare aristocratico un passatempo popolaresco come il calcio, sono juventino. e mi sono emozionato, fin quasi alle lacrime, facendomi trasportare dalla nostalgia della voce narrante, guardando questo documentario sull’immenso David Trezeguet, uno dei più grandi centravanti di tutti i tempi.nelle parole dei familiari e degli amici d’infanzia, oltre che in quelle del grande goleador per dieci stagioni numero 17 della Juventus, nel suo italiano quasi perfetto, venato in modo inconfondibile dallo spagnolo, sua lingua madre, una storia raccontata nel periodo in cui David giocava ad Alicante, in Costa Blanca, Spagna.  difficile se non impossibile trattenere i brividi, quando scorrono i suoi goal che ha iniziato a segnare fin dagli esordi nel Platense, convocato in prima squadra già a 16 anni, ma soprattutto nel rivedere le reti segnate con la maglia della Vecchia Signora torinese. Gli juventini capiranno… la  nostalgia per uno squadrone affondato in serie B, dopo un campionato vinto con 91 punti, grazie a campioni come Alessandro Del Piero, Pavel Nedved, Gianluigi Buffon, Gianluca Zambrotta, Fabio Cannavaro, Mauro German Camoranesi oltre a lui, ovviamente, Re David, come spiega bene la voce del documentario, “un serpente a sonagli delle aree di rigòre”, un giocatore immenso, uno che, poteva capitare, non si vedeva per tutta la partita, ma quando gli arrivava la palla giusta, era sempre goal e a fine campionato lo trovavi costantemente ai primi posti della classifica marcatori. Un bomber di razza, un terminale micidiale, uno che viveva per il goal. e nonostante la sua statura gigantesca di sportivo, un uomo di un’umiltà e una schiettezza disarmanti. un grande grazie a David, quindi, per avere incarnato alla perfezione il mito del ruolo di centravanti, nelle moderne arene che sono gli stadi di calcio e grazie per averlo fatto con la maglia bianconera. grazie anche all’autore di questo meraviglioso documentario, purtroppo non sono riuscito a rintracciarne il nome. forse è meglio così, perché più che opera del lavoro umano, questo speciale mi sembra l’incarnazione del sentimento universale di ogni devozione. a un campione, al proprio lavoro.

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